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tappa 9

Usare tutti gli espedienti

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Dal diario dell’artista
Il campanile di Crana al tramonto I tepori di quei raggi di sole resi alquanto dorati, da quella legge- ra nebbia che sovente si vede nelle prime giornate di primavera, non mancano di ricordarmi la cara patria, quei luoghi così splendidi, dove il sole dardeggia limpido e puro sopra quelle vergini e solide alpi. (…) È una bellissima mattinata; in altri campanili lontani, sparsi qua e là nelle città, si odono altre musiche che si accordano mirabilmente con l’ambiente generale, dell’ora, del paese, del cielo, del sole e della stagione, formando un’unica armonia melanconica, che ricade tutta sull’animo. (…) Le impressioni non bisogna sfuggirle, anzi: cercarle e mettersi dentro interamente; sostenerle con animo forte, in maniera che non lascino nessuna traccia nociva in se stessi. Marzo-Aprile 1896 Diari di Giovanni Battista Ciolina Trascrizione di Paolo Ciolina
Già da lungo tempo intuivo questa maniera libera; ossia di non copiare tale il vero come si presenta ai nostri occhi; né ad imporsi che un quadro venga fatto esclusivamente ed interamente col vero innanzi; ma bensì usarsi di tutti gli spedienti possibili, per mezzo di ispirazione, bozzetti, fotografie, schizzi ed altre infinità di cose; basta che infine i quadri raggiungano l’impressione giusta, la sensazione che dà il vero. La potente esecuzione, per me grandemente importante, ha campo più libero nella propria fantasia, nelle proprie impressioni che si subiscono, per cui è più razionale che meglio si esprimano assecondandole che non assoggettandole. (…) Oltre a rendere con verità sincera cose per se stesse, nella sua materia e nei suoi ambienti, voglio approfondire e penetrare fisiologicamente e psicologicamente la massa ed il carattere delle figure, degli animali e persino di tutta la natura.

Luglio 1896-Giugno 1897
Diari di Giovanni Battista Ciolina

Trascrizione di Paolo Ciolina
Dal diario dell’artista
Il campanile di Crana al tramonto I tepori di quei raggi di sole resi alquanto dorati, da quella legge- ra nebbia che sovente si vede nelle prime giornate di primavera, non mancano di ricordarmi la cara patria, quei luoghi così splendidi, dove il sole dardeggia limpido e puro sopra quelle vergini e solide alpi. (…) È una bellissima mattinata; in altri campanili lontani, sparsi qua e là nelle città, si odono altre musiche che si accordano mirabilmente con l’ambiente generale, dell’ora, del paese, del cielo, del sole e della stagione, formando un’unica armonia melanconica, che ricade tutta sull’animo. (…) Le impressioni non bisogna sfuggirle, anzi: cercarle e mettersi dentro interamente; sostenerle con animo forte, in maniera che non lascino nessuna traccia nociva in se stessi. Marzo-Aprile 1896 Diari di Giovanni Battista Ciolina Trascrizione di Paolo Ciolina
Già da lungo tempo intuivo questa maniera libera; ossia di non copiare tale il vero come si presenta ai nostri occhi; né ad imporsi che un quadro venga fatto esclusivamente ed interamente col vero innanzi; ma bensì usarsi di tutti gli spedienti possibili, per mezzo di ispirazione, bozzetti, fotografie, schizzi ed altre infinità di cose; basta che infine i quadri raggiungano l’impressione giusta, la sensazione che dà il vero. La potente esecuzione, per me grandemente importante, ha campo più libero nella propria fantasia, nelle proprie impressioni che si subiscono, per cui è più razionale che meglio si esprimano assecondandole che non assoggettandole. (…) Oltre a rendere con verità sincera cose per se stesse, nella sua materia e nei suoi ambienti, voglio approfondire e penetrare fisiologicamente e psicologicamente la massa ed il carattere delle figure, degli animali e persino di tutta la natura.

Luglio 1896-Giugno 1897
Diari di Giovanni Battista Ciolina

Trascrizione di Paolo Ciolina
Immagina…
La strada che sale ad Arvogno è la stessa, anche se oggi è asfaltata. Riesci a individuare la piccola cappella votiva sulla destra? Un poco più in alto, sul lato opposto, puoi riconoscere la facciata della casa, oggi ristrutturata. Tutto quello che non vedi nel dipinto è stato costruito successivamente, ma la bellezza del Pizzo la Scheggia è la stessa di un tempo.

Immagina…

La strada che sale ad Arvogno è la stessa, anche se oggi è asfaltata. Riesci a individuare la piccola cappella votiva sulla destra? Un poco più in alto, sul lato opposto, puoi riconoscere la facciata della casa, oggi ristrutturata. Tutto quello che non vedi nel dipinto è stato costruito successivamente, ma la bellezza del Pizzo la Scheggia è la stessa di un tempo.

Approfondimento critico

Non c’è alcun dubbio che Mucca che pascola al “Camp Grand” sia strettamente correlato con Il ritorno dall’Alpe: infatti fra le lastre fotografiche di Giovanni Battista Ciolina conservatesi e donate dal figlio Paolo nel 1986 al Museo del Paesaggio di Verbania, in gran parte scattate dallo stesso pittore per lavorare sulla grande tela realizzata per l’ingegner Giovanni Battista Caproni, v’è n’è una che riproduce esattamente l’inquadratura di questa non piccola tela, fatta eccezione per la mucca in primo piano. Questa venne inserita da Ciolina secondo una prassi con cui era solito ‘animare’ i suoi paesaggi (come per esempio per i due figli in Bambini che cercano grilli, (tappa 8). Ciò non tanto nella convinzione che risultassero in tal modo più equilibrati, quanto piuttosto per la sua tipica costruzione per piani della scena, fondamentale per conferire profondità altrimenti qui un po’ debole e insufficiente, se affidata al solo scorcio della strada. La tecnica a minute pennellate, assieme al serrato tessuto di filamenti cromatici – tanto primari quanto secondari – impiegato su gran parte della tela (dettaglio 1), fanno di questo lavoro uno dei più vicini alla tecnica divisionista, sia pure personalmente interpretata. Tecnica adottata soprattutto per conferire alla figurazione, attraverso la vibrazione del colore, uno splendore abbacinante da pieno pomeriggio estivo, che riesce persino a rendere luminose le ombre viola dell’albero sulla facciata della baita (dettaglio 2) come quella della nuvola sulle cime della Scheggia. Innaturale ma efficace quanto mai è il verde acqua della fitta pineta sul versante montano alle spalle della baita e all’interno della cappelletta scorciata, che Ciolina ha impiegato anche in altri lavori. Un verde che, con la complementare dominante rosa violacea, percepibile questa persino sul manto lucido della vacca in primo piano (e si noti, con lo stesso verde Ciolina dipinge le corna e il campanaccio!), fa sfolgorare i cromatismi con una efficacia più vera del vero (dettaglio 3).

Del tutto differente la tecnica di Vecchio pastore, assai più vicina a quella di Pecore al pascolo a Crana (tappa 1), anche nel gioco del controluce che lumeggia il dorso delle pecore alle spalle del vecchio seduto sulla roccia (dettaglio 4). Le pennellate sono più ampie, morbide, pastose; assieme alla dominante calda della luce dell’imminente tramonto, ottenuta da Ciolina bandendo gli accostamenti fra complementari (se non nella chiusa delle pareti innevate della Scheggia, ma smorzando le cromie), conferiscono una serenità alla scena che rasenta la malinconia. Anche il verde acqua di Mucca che pascola al “Camp Grand” qui è quanto mai smorzato, e si trova solo nell’inquietante arbusto serpentiforme alle spalle del vecchio (dettaglio 5). Personaggio questo al contempo venerabile ed arcaico, che ricorda, per massa e posizione, quella della donna con la gerla in Mestizia Crepuscolare (tappa 3), anche se in un contesto del tutto diverso. Il suo ruolo, più che simbolico, è costruttivo per la resa spaziale: con la porzione in ombra del gregge che lo affianca esso intelaia tutta la successione di elementi, alternativamente in luce ed ombra in una soluzione che, lo abbiamo visto, è prediletta da Ciolina per conferire profondità.

La datazione non può a mio parere superare il primo decennio del ‘900.

Prof. Paolo Volorio
Architetto Storico dell’Arte

Approfondimento critico

Non c’è alcun dubbio che Mucca che pascola al “Camp Grand” sia strettamente correlato con Il ritorno dall’Alpe: infatti fra le lastre fotografiche di Giovanni Battista Ciolina conservatesi e donate dal figlio Paolo nel 1986 al Museo del Paesaggio di Verbania, in gran parte scattate dallo stesso pittore per lavorare sulla grande tela realizzata per l’ingegner Giovanni Battista Caproni, v’è n’è una che riproduce esattamente l’inquadratura di questa non piccola tela, fatta eccezione per la mucca in primo piano. Questa venne inserita da Ciolina secondo una prassi con cui era solito ‘animare’ i suoi paesaggi (come per esempio per i due figli in Bambini che cercano grilli, tappa 8). Ciò non tanto nella convinzione che risultassero in tal modo più equilibrati, quanto piuttosto per la sua tipica costruzione per piani della scena, fondamentale per conferire profondità altrimenti qui un po’ debole e insufficiente, se affidata al solo scorcio della strada. La tecnica a minute pennellate, assieme al serrato tessuto di filamenti cromatici – tanto primari quanto secondari – impiegato su gran parte della tela (dettaglio 1), fanno di questo lavoro uno dei più vicini alla tecnica divisionista, sia pure personalmente interpretata. Tecnica adottata soprattutto per conferire alla figurazione, attraverso la vibrazione del colore, uno splendore abbacinante da pieno pomeriggio estivo, che riesce persino a rendere luminose le ombre viola dell’albero sulla facciata della baita (dettaglio 2) come quella della nuvola sulle cime della Scheggia. Innaturale ma efficace quanto mai è il verde acqua della fitta pineta sul versante montano alle spalle della baita e all’interno della cappelletta scorciata, che Ciolina ha impiegato anche in altri lavori. Un verde che, con la complementare dominante rosa violacea, percepibile questa persino sul manto lucido della vacca in primo piano (e si noti, con lo stesso verde Ciolina dipinge le corna e il campanaccio!), fa sfolgorare i cromatismi con una efficacia più vera del vero (dettaglio 3).

Del tutto differente la tecnica di Vecchio pastore, assai più vicina a quella di Pecore al pascolo a Crana (tappa 1), anche nel gioco del controluce che lumeggia il dorso delle pecore alle spalle del vecchio seduto sulla roccia (dettaglio 4). Le pennellate sono più ampie, morbide, pastose; assieme alla dominante calda della luce dell’imminente tramonto, ottenuta da Ciolina bandendo gli accostamenti fra complementari (se non nella chiusa delle pareti innevate della Scheggia, ma smorzando le cromie), conferiscono una serenità alla scena che rasenta la malinconia. Anche il verde acqua di Mucca che pascola al “Camp Grand” qui è quanto mai smorzato, e si trova solo nell’inquietante arbusto serpentiforme alle spalle del vecchio (dettaglio 5). Personaggio questo al contempo venerabile ed arcaico, che ricorda, per massa e posizione, quella della donna con la gerla in Mestizia Crepuscolare (tappa 3), anche se in un contesto del tutto diverso. Il suo ruolo, più che simbolico, è costruttivo per la resa spaziale: con la porzione in ombra del gregge che lo affianca esso intelaia tutta la successione di elementi, alternativamente in luce ed ombra in una soluzione che, lo abbiamo visto, è prediletta da Ciolina per conferire profondità.

La datazione non può a mio parere superare il primo decennio del ‘900.

Prof. Paolo Volorio
Architetto Storico dell’Arte

Tappa 8

Variare dalla verità

Tappa 10

Ciò che conta in un'opera di successo

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